La comunità mandatoriccese si formava sul territorio della Baronia di Pietrapaola e sui possedimenti del Monastero di Sant’Angelo, di epoca normanna e ormai in via di estinzione. Il villaggio ha continuato a formarsi per tutto il Settecento, ingrossato via via dalle genti che scampavano dai pericoli della marina (pirateria musulmana) e da quelle delle aree montane più alte che cercavano terreni pianeggianti. Per molto tempo, Mandatoriccio è stata percorsa dalle vie della transumanza, ovvero dagli armenti e dalle greggi che, di primavera, si dirigevano verso il pianoro della Sila, e, d’autunno, verso la marina. I luoghi di sosta si individuano nell’attuale Piazza Garibaldi, dietro la Chiesa dell’Addolorata, e in Via Santa Maria delle Grazie, esattamente nella struttura di proprietà Donnici. Oltre che a rifocillarvisi, i mandriani ed i pastori vi venivano in cerca delle belle donne, belle e naticute (Cfr. V. Padula, 1972). Subito dopo il terremoto del 1783, Giuseppe Maria Galanti faceva per conto del governo di Napoli una ricognizione del territorio e menzionava ritenendoli degni di nota, per il suo stile spagnolesco, il Castello, “con ponte levatoio e quattro bastioni”, nonché la Chiesa Madre, la cui architettura ripete lo stile napoletano della Chiesa di San Francesco. Nel primo decennio dell’Ottocento, Mandatoriccio si segnalava per il suo contributo alla causa della libertà e per esprimere notevoli personalità nel Decurionato di Rossano (Suriaci o Turiaci). A metà del XIX secolo, una squadra di Mandatoriccesi guidata dal farmacista Leonardo Chiarello raggiunse i Mille di Garibaldi a Soveria e lo seguì sino a Napoli. Di notevole entità fu il brigantaggio, con le bande di Salvatore Grande e di Leonardo Sanfelice, le quali facevano parte, il primo, di Curemme e, il secondo, del longobucchese Palma. Il Novecento è stato il secolo delle grandi emigrazioni transoceaniche e, poi, di quelle verso il centro Europa e il nostro Settentrione. Il resto è attualità... Lo storico prof. Ernesto Ascolillo